L’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), o aborto volontario, è regolata dalla Legge 194 del 1978 “Norme per la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”, che sancisce le modalità di ricorso all’aborto volontario che può essere fatto entro 90 giorni dall’inizio della gravidanza.
Chi e come può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza
La richiesta di interruzione deve essere fatta dalla donna interessata che, a seconda dell’età può rivolgersi direttamente:
- ad una delle sedi del servizio Spazio giovani dell’Ausl, se l’interessata è minorenne
- ad una delle sedi del Consultorio familiare dell’Ausl, se l’interessata è maggiorenne
L’interessata può scegliere il tipo di trattamento con cui interrompere la gravidanza:
- trattamento farmacologico (pillola RU486), solo se l’interruzione viene fatta entro i primi 69 giorni di gravidanza
- trattamento chirurgico, entro i 90 giorni dall’inizio della gravidanza
A prescindere dal trattamento scelto, i professionisti dei Consultori e degli Spazi giovani dell’Ausl offrono un percorso assistenziale specifico non solo sanitario, ma anche di ascolto e di accompagnamento, completo di eventuali consulenze psicologiche.
Dopo la scelta dell’interessata, il ginecologo effettua la visita e:
- le rilascia il certificato necessario per sottoporsi a IVG,
- le informa sulle metodiche di esecuzione dell’IVG
- le fornisce indicazioni sui tempi e sulle sedi in cui effettuare l’eventuale trattamento chirurgico assicurando anche il collegamento con il reparto ospedaliero di riferimento per l’esecuzione dell’intervento.
Inoltre è prevista una visita di controllo post interruzione e una consulenza per un’eventuale richiesta di contraccezione.
Ulteriori informazioni per minorenni
Se la donna interessata è minorenne, per procedere è necessario l’assenso da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela.
Tuttavia, se le persone esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela sono difficilmente consultabili, o rifiutino il loro assenso, o esprimano pareri tra loro difformi, è possibile ricorrere al Giudice Tutelare.
Nel caso in cui la donna sia sottoposta a interdizione, si procede come disposto dall’art. 13 della Legge n. 194/78.