Dalla Regione Emilia-Romagna oltre 277mila euro per prevenire e contrastare il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili

I fondi serviranno per la formazione del personale sanitario su queste pratiche e l’ammodernamento delle dotazioni tecnologiche dei Consultori familiari, che svolgono un ruolo cruciale di informazione, sensibilizzazione e assistenza

Comunicato della Regione Emilia-Romagna

Prevenire e contrastare il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili attraverso la specifica formazione del personale sanitario e l’adeguamento delle dotazioni tecnico-diagnostiche per ostetricia-ginecologia negli ambulatori dei Consultori familiari.

È con questo obiettivo che la Giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha assegnato alle Aziende sanitarie del territorio oltre 277mila euro.

270mila euro sono destinati alla riqualificazione e all’ammodernamento della dotazione tecnologica e strumentale dei Consultori familiari regionali, per incrementare tutte le prestazioni offerte e in particolare potenziare la valutazione clinica e diagnostica, qualificare le indagini e il trattamento in ostetricia e ginecologia, compresi l’assistenza di donne e bambine a rischio o con mutilazioni genitali pregresse.

Un contributo di 7mila euro andrà alla Ausl di Modena, incaricata di aggiornare il sito regionale https://www.saperidoc.it/mgf che mette a disposizione di medici, operatrici e operatori coinvolti nel percorso nascita, ma anche delle donne e delle famiglie dati, documenti e informazioni sull’argomento. Un corpus di conoscenze e strumenti di ricerca condivisi e molto preziosi per la formazione del personale, che ha necessità di un continuo aggiornamento.

“È importantissimo investire sulla formazione del personale dei Consultori per contrastare il tragico fenomeno delle mutilazioni genitali femminili e supportare le donne che purtroppo le hanno subite – commenta l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini -. I Consultori rivestono un ruolo decisivo per la prevenzione e per la sensibilizzazione su questo tema, perché spesso sono il primo punto d’approdo della donna. Il contrasto a queste pratiche – prosegue l’assessore – qualifica la nostra sanità pubblica, che si impegna a curare le vittime, a prevenire la violazione del diritto alla salute delle bambine e la loro sicurezza”.

Tutte le forme di mutilazione genitale femminile sono vietate in Italia dalla legge 7 del 2006, che punisce chiunque pratichi l’infibulazione con la reclusione da 4 a 12 anni. La pena è aumentata di un terzo quando la mutilazione viene compiuta su una minorenne.

I genitori che permettono di eseguirle sono quindi soggetti a sanzione e possono perdere la responsabilità genitoriale nei confronti della figlia e il permesso di soggiorno. L’Italia è firmataria di una serie di convenzioni internazionali che intendono eliminare la pratica delle mutilazioni genitali femminili, tra cui la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione sulle donne, la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo e la Dichiarazione sulla violenza contro le donne che include un riferimento particolare alle MGF.

È difficile – secondo gli esperti – determinare la diffusione esatta delle mutilazioni genitali femminili, ma secondo una ricerca condotta nel 2019, su dati 2018, dall’Università Milano Bicocca per il ministero delle Pari Opportunità anche in Italia sono migliaia le donne che le hanno subite e le bambine a rischio.

 

[24 novembre 2022]

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