In Italia si consumano mediamente oltre 170 litri pro capite di acqua minerale all'anno; da diverse indagini risulta che la maggior parte della popolazione la preferisce all'acqua di rubinetto come bevanda abituale. Il consumo è costantemente aumentato negli ultimi anni: segno di un cambiamento di abitudini da parte del consumatore.
Ma che cosa è veramente l'acqua minerale? E in cosa si distingue dagli altri tipi di acqua?
Un tempo era un prodotto "di nicchia", portava spesso il nome di celebri località termali e vantava proprietà terapeutiche che la qualificavano al rango di un farmaco, e come tale veniva utilizzata; oggi, col suo diffondersi sulle tavole degli italiani, è divenuta bevanda d'uso corrente. Di conseguenza anche la legislazione ha dovuto adeguarsi a questa evoluzione: dapprima, con la direttiva CEE/80/777, non è più stato richiesto che le acque minerali fossero dotate di attività terapeutica, ma semplicemente di "proprietà favorevoli alla salute"; poi, con il Decreto Legislativo 339/99, anche la documentazione di proprietà favorevoli alla salute non è più strettamente necessaria perché un'acqua sia riconosciuta come "minerale naturale". Oggi, ciò che per la legge distingue le acque minerali dalle comuni acque potabili è essenzialmente il concetto di "purezza originaria e sua conservazione".
L'attuale normativa (D.Lgs. 176/2011 e D.M. 10/2/2015) richiede infatti che l'acqua minerale sia esente da sostanze che rappresentano un segnale di inquinamento derivato dalle attività dell'uomo, e non consente, come invece in passato, che taluni elementi potenzialmente nocivi siano presenti in concentrazioni superiori a quelle ammissibili per l'acqua di rubinetto.
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